Finirà come è iniziata, pensò per la millesima
volta.
E si allentò il farfallino.
Era una delle ultime occasioni per farlo, e si sentiva un po' oppresso.
Forse era l'emozione, così cercò lo sguardo rassicurante
di Rachel, il suo viso ancora fresco, nonostante i trent'anni di
matrimonio che stavano andando a festeggiare, avvolta in quel vestito
da sera che le aveva regalato per l'anniversario.
Sei bellissima, Racey, le disse prendendole la mano. Anche quaggiù...
Mio Dio, ma come ho fatto ad essere tanto fortunato? Lei sorrise,
semplicemente, reclinando un po' la testa. I capelli, biondi, raccolti
elegantemente e decorati da una fila di perle che li cingeva come
una specie di corona.
Siamo stati entrambi fortunati, sussurrò. Poi fece sì
con gli occhi e li socchiuse. Già, pensò lui e corse
indietro nel tempo a quella sera in cui i loro sguardi si erano
incrociati la prima volta. Era una festa. Una di quelle che si organizzavano
in fretta, alla fine dell'estate, come ad esorcizzare il ritorno
agli studi, in casa di uno o dell'altro. Bastavano un po' di dischi
e qualche bottiglia e i più fortunati usufruivano pure del
divano, sempre posto in posizione strategica un po' defilato, lontano
dalle luci principali, e generalmente lontano dalle finestre.
Sorrise.
Erano stati proprio fortunati, lui e Rachel. Quella festa, proprio
a ridosso dell'inizio delle lezioni era stata organizzata dal suo
compagno di stanza nei locali del circolo degli scacchi in cambio
di due bottiglie di liquore, ma l'atmosfera, nonostante gli sforzi
di tutti, non riusciva a decollare. Aleggiava un vago sentore di
malinconia, che nemmeno l'alcool ingerito in dosi generose riusciva
ad allentare. Solo Rachel sembrava esserne immune. Irradiava attorno
a sè una specie di luce, nonostante indossasse un vestito
di semplice cotone verde molto accollato, certo poco vistoso. La
seguì con lo sguardo per tutta la sala, incapace di fermarla
e parlarle e così pure di distoglierle lo sguardo di dosso.
Si sentiva stregato. Stregato e mortalmente triste perchè
la serata stava finendo e lei sarebbe andata via, senza nemmeno
essersi presentati.
Ma fu lei a chiedergli di ballare e lui subito pensò di essere
stato preso in giro.
Cos'è, il nuovo gioco di fine estate? Le chiese, un po' seccamente,
e lei, squadrandolo da capo a piedi gli rispose semplicemente che
no, voleva solo ballare un po'. Che storia è questa del gioco
dell'estate? Rise. Una risata fresca, contagiosa, che ricorderà
per tutta la vita. Oh, Rachel.
Scoprirono di essere entrambi appassionati di oceanografia, biologia
marina, di avere fatto, fino a quel momento, gli stessi studi, seppure
in facoltà diverse e di condividere lo stesso pazzo sogno.
Così smisero presto di ballare, appropriandosi del divano
per parlare e sollevando fatalmente il malumore degli amici, che
su quel divano avevano ben altri progetti. Ma cosa importava? Domandare
e ascoltare le risposte, assaporandole, ribattendo diversi punti
di vista era la cosa più bella del mondo, sì, ma dopo
Rachel.
Si laurearono lo stesso giorno, perchè avevano voluto continuare
gli studi separati per poi passare il resto della vita insieme,
una bella vita, serena, fino a quel maledetto incidente.
Oh Racey... Non ero ubriaco, te lo giuro. Ma che importa adesso?
Già, cosa importa?
Una festa, come altre. Come quella che li aveva fatti incontrare,
ma tanti anni dopo. Un temporale, uno di quelli che spaventa anche
se sei sotto alle coperte e la stanchezza, ecco... A volte metti
insieme tanti ingredienti e non esce nulla. Ma non quella volta,
vero Racey?
Le strinse la mano, fredda, e lei aprì gli occhi. Erano occhi
che lasciavano il segno, come se fossero sorgenti di luce. Dopo
averli guardati a lungo rimanevano impressi nella retina, come fiammiferi
nella notte.
No, non quella volta.
L'auto che perde una prima volta il controllo, poi lo riprende,
taglia la curva e... Mio Dio, Racey. Sarebbe bastato andare più
piano, vero?
Guardò in alto. La struttura gemeva, ogni tanto, ma il comandante,
un ragazzo di meno di trent'anni con una folta barba rossastra e
il berretto da baseball, sembrava tranquillo. Fischiettava a tratti,
come se ogni volta si fosse dimenticato il motivo e lo riprendesse
daccapo.
Fra poco ci siamo, mister Taylor, disse con aria professionale,
ma col sorriso sulle labbra. Sarà meglio che lei e sua moglie
vi spostiate nella camera più a poppa, dove c'è l'attrezzatura.
Smittie vi aiuterà ad indossarla.
L'uomo assentì e si volse di nuovo verso Rachel.
Amore, siamo quasi arrivati...
Il sonar sillabava il suo ritmare pacato. Trenta metri, venticinque,
venti, quindici, dieci e poi un brusco rallentamento e i metri che
scivolano via ad uno ad uno, fino a fermarsi.
Capolinea, mister Taylor. La aspettiamo quì fra quarantacinque
minuti. Non uno di più, siamo intesi?
L'uomo chinò il capo e fece sì con la testa, senza
parlare. Poi pose lo scafandro sulla testa della moglie e si assicurò
che fosse tutto in ordine mentre il secondo del comandante faceva
altrettanto col suo.
L'acqua scura irruppe nella camera stagna del batiscafo, straordinariamente
limpida davanti alle luci arancio di emergenza. Poi, nell'impianto
audio di entrambi gli scafandri, cominciò a farsi strada
una melodia, via via più intensa e dolce.
Racey, mi concedi questo ballo? Disse l'uomo prendendo per mano
la moglie e conducendola verso la massa scura che giganteggiava
sotto i loro piedi.
Lei fece sì con gli occhi, come solo lei sapeva fare e decine
di fotoelettriche si accesero nello stesso istante, illuminando
a giorno la sala dello scalone del Titanic, 3787
metri sotto il turbolento livello del mare. Sulle loro teste, l'unico
lampadario di cristallo superstite splendeva nonostante fossero
passati quasi cento anni da quando si era spento l'ultima volta.
Oh, Donald, sussurrò lei. E' tutto come lo avevamo sognato...
Ssss, fece lui. Le lacrime sono fastidiose lì dentro, vero?
Sì, ma lì poteva ballare. Lì poteva volteggiare.
Lì poteva dimenticare di essere bloccata su un lettino senza
potersi più muovere dal giorno di quel maledetto incidente.
Oh, Donald...E' il nostro sogno... E vorrei che non finisse mai...
No, non finirà... Sussurrò lui sorridendo. Poi chiuse
il contatto con il batiscafo.